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Le popolazione evolutive, Claudio, noi e il futuro di tutti

Le popolazione evolutive, Claudio, noi e il futuro di tutti

Cosa c’entra un campo di spighe di grano con il cambiamento climatico, la biodiversità, i semi, la giustizia alimentare e la nostra salute?

Proviamo a capirlo a partire da un pezzetto di campo sul quale mesi fa, Claudio Pagliaccia, dell’azienda agricola Fornovecchino, ha seminato una popolazione evolutiva di grano tenero.

Prima di entrare nel vivo, alcuni dati per dare un contesto globale all’esperienza concreta di cui ti stiamo parlando.

Forse non sai che il 70% dell’acqua mondiale è utilizzata per irrigare e che circa il 50% dell’acqua mondiale è usata per far crescere grano, riso e mais.
Queste tre colture sono diffuse su scala mondiale con una uniformità genetica altissima.
Queste tre colture, che non sono le più nutrienti, corrispondono a circa il 60% delle calorie che ingeriamo (per arrivare al 90% basta aggiungerne solo altre 12). Un’altra cosa, che forse non sai, è che il mercato mondiale dei semi è controllato per il 75% da otto multinazionali, che di fatto decidono cosa si deve piantare e che, altre sei, controllano il 75% del mercato dei pesticidi. Alcune di queste, poi, sono leader anche del settore farmaceutico*.

Cos’è una popolazione evolutiva?

L’agricoltura industriale, la più diffusa nel sistema alimentare di cui facciamo parte, è basata su pochissime varietà, cioè è un’agricoltura che si basa per lo più sull’uniformità del patrimonio genetico delle piante che coltiva.
Invece quando un agricoltore semina una popolazione evolutiva, semina contemporaneamente, mischiate tra loro sullo stesso campo, tante varietà di semi (cioè semi con patrimoni genetici eterogenei) di una stessa specie e si affida, per farla evolvere nel tempo, alla propria esperienza e alla risposta data alle condizioni ambientali che si realizzano nei suoi campi; in questo modo, in poche stagioni di semina, un miscuglio diventa una popolazione adatta al luogo e al clima specifici in cui è stata seminata.
Allora, coltivare una popolazione evolutiva di grano, anziché una singola varietà, significa mettere in campo una vera e propria rivoluzione, perché una popolazione evolutiva contiene una enorme diversità genetica.
Questo è tanto importante perché abbiamo bisogno di diversità per far fronte a un futuro che non possiamo prevedere con precisione, ma che include certamente un cambiamento, primo fra tutti quello del clima. E poi abbiamo bisogno di diversità per nutrirci in modo sano e per essere anche noi più forti e resilienti. La nostra salute è strettamente correlata a ciò che mangiamo e una dieta varia contribuisce a rafforzare le nostre difese e a render più ricca la nostra flora batterica (quella che oggi gli scienziati chiamano biota).
Dunque, più è ampia la possibilità di scelta, più diversità e varietà abbiamo, maggiori saranno le risposte che potremo dare ai cambiamenti e alle sfide che dobbiamo affrontare sia a livello globale che individuale.

Dalla Siria all’Italia: le popolazioni evolutive e la Rete Semi Rurali.

I metodi di ricerca che danno origine alle popolazioni evolutive hanno una storia appassionante che nasce negli USA negli anni trenta, ma è rimasta marginale rispetto al sistema di selezione delle sementi diffusosi a livello mondiale nell’ultimo secolo. La storia che ci permette d’incontrare oggi le popolazioni evolutive nei campi degli agricoltori che lavorano con Zolle è pertanto niente affatto scontata.
Negli anni novanta, Salvatore Ceccarelli, agronomo e ricercatore italiano va a lavorare in Siria, presso il centro di ricerca dell’ICARDA: il Centro ha l’obiettivo di aiutare i contadini che vivono in territori aridi. Ceccarelli inizialmente usa le tecniche classiche di ricerca e sperimentazione in voga in quegli anni: ma ben presto si rende conto che gli agricoltori non usano quelle varietà a cui gli scienziati dedicano tanti anni di ricerca chiusi nei laboratori e nei campi sperimentali.
Ceccarelli capisce che la chiave di volta per sviluppare varietà che siano davvero utili risiede nel lavorare non per gli agricoltori, ma con gli agricoltori.
Sono infatti gli agricoltori, che, da sempre, selezionano le varietà a partire non solo dalle specifiche condizioni geografiche e climatiche, ma anche socio economiche, storiche e culturali.
Nei primi anni duemila, Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, promuovono l’approccio del miglioramento genetico partecipativo-evolutivo per dare agli agricoltori uno strumento che gli permetta di operare in autonomia nella riproduzione e selezione delle proprie sementi. Con l’aiuto dei colleghi dell’ICARDA, costituiscono tre popolazioni: una di orzo, una di grano duro e una di grano tenero e il loro lavoro si diffonde e influisce sulle vite di molte popolazioni sia in Medio Oriente che in Africa.

Nel 2010 la Rete Semi Rurali**, che dal 2007 si occupa di tutelare la biodiversità agricola e sostenere il lavoro degli agricoltori che la mantengono, comprende il valore dell’approccio di Ceccarelli e lo invita a lavorare con gli agricoltori italiani. La rete crea, inoltre, i presupposti perché questo lavoro abbia continuità nel tempo e si possa estendere anche ad altri paesi europei, coordina la diffusione delle popolazioni evolutive tra gli agricoltori e cura la salute e la conservazione della semente nella Casa delle Sementi dell’associazione.

Così, passando di regione in regione, quest’anno, una popolazione di semi è arrivata anche nel Lazio. La Rete, con la collaborazione dell’ARSIAL (Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio) e lo zampino di Zolle, distribuisce nel 2019 il miscuglio di semi in sei aziende agricole (una è Fornovecchino di Claudio Pagliaccia, con il quale collaboriamo da anni), nelle diverse province della regione, tra Rieti, Frosinone, Roma e Viterbo.

A giugno, insieme gli agronomi dell’ARSIAL e ai rappresentanti della Rete, siamo andati a osservare le migliaia di spighe di grano cresciute da Claudio. Insieme a noi, altri agricoltori e artigiani, interessati e curiosi, e pronti ad accogliere i miscugli di semi nei loro campi e laboratori. La visita al campo, guidata da Salvatore Ceccarelli e Stefania Grando, è stata sorprendente: un mare dorato, a prima vista uniforme e compatto, ma da vicino estremamente diverso e distinto, composto da spighe grosse e cicciotte, dorate o più brune, alcune altissime altre più basse.

Ad agosto c’è stato il raccolto, che servirà da seme per il prossimo anno, ma prima Claudio ha osservato il suo campo, notando quali spighe l’ambiente naturale e il clima hanno selezionato… chissà quali saranno il prossimo anno!

Inutile dire che partecipiamo con estremo interesse e siamo ansiosi di poter coinvolgere chi sceglie le Zolle in questo processo. Stiamo infatti già lavorando con gli artigiani con cui collaboriamo per costruire una filiera che permetterà di avere farina, pane e grissini da popolazione evolutiva…

 

* I dati sono tratti da: “Mescolate contadini, mescolate. Cos’è e come si fa la selezione genetica partecipativa, Salvatore Ceccarelli, ed. Pentàgora e Rete Semi Rurali, Savona 2016”.

** La tutela della biodiversità, lo scambio d’informazioni e di saperi sono, infatti, i temi fondativi della Rete, che nata nel 2007, oggi conta l’adesione di 35 organizzazioni: Zolle ne fa parte dal 2008.



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